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La villa La Saracena di Luigi Moretti, tra memoria e recupero

19 novembre 2020

Parlare della villa progettata e realizzata dall’architetto Luigi Moretti nella cittadina balneare di Santa Marinella, alle porte di Roma lungo la via consolare Aurelia, significa ripercorrere il filo rosso di una memoria storica dove i destini si incontrano e “le vite si intrecciano”, come scrisse Marco Mulazzani (CASABELLA 669-1999), presentando l’opera a distanza di decenni dalla sua realizzazione.

Di Carlo Ragaglini

 

Confronto della villa, all’epoca della costruzione ed oggi, sostanzialmente interamente conservata. © Foto: archivio Luigi Moretti e Carlo Ragaglini

 

Commissionatagli da Francesco Malgeri, all’epoca direttore del quotidiano torinese La Gazzetta del Popolo, ma prima de Il messaggero negli anni 30, poi de il Secolo XIX, essa era un regalo per la figlia Luciana, titolata principessa grazie alle nozze del 1954 con il principe Don Nicolò Maria Pignatelli Aragon Cortès.

 

La progettazione e realizzazione della villa nasce immediatamente dopo questo evento, nel 1955, per concludersi intorno all’anno 1957. La casa sarà una delle opere maggiormente conosciute dell’architetto romano, quella forse maggiormente “personale”, tanto da dedicargli intere pagine scritte di propri saggi sull’architettura, pubblicati negli stessi anni dalla rivista “SPAZIO”, da lui fondata e diretta.

 

Una delle tematiche maggiormente presenti e che hanno potuto guidare la progettazione di questo vero e proprio spazio dell’architettura è una narrazione dove il lato “pubblico” dell’edificio appare introverso, scultoreo ma impenetrabile. Trattato attraverso strane forme antropomorfe dove si perdono i caratteri tipici delle dimore. Scompaiono i canoni di porta-finestra, tetto, per narrare un lato curioso e impenetrabile.

 

Di contro, una volta attraversato l’atrio che delimita una zona verde cinta da un piccolo muro d’ambito, si arriva in una galleria interamente vetrata dove, in lontananza, appare il panorama intatto e immacolato del mare. Una distesa azzurra immensa che squarcia il velo prima percepito della facciata della casa.

 

Tutte le stanze da letto sono raggruppate nella parte a due livelli della casa, le 4 grandi stanze da letto sono aperte interamente al panorama della costa e del mare. Si raggiungono attraverso un percorso che attraversa una scala elicoidale, scultorea anch’essa e che viene illuminata da un “oculo” posto sul tetto, una luce zenitale che fa percepire tutta la fisicità della struttura.

 


La villa La Saracena, la corte centrale di collegamento al salone. © Foto: Carlo Ragaglini

 

Dall’atrio si arriva attraverso un percorso alla sala sul mare, nel farlo si attraversa una galleria e man mano si scendono gradini. Più ci si avvicina e più le proporzioni del vano sembrano aumentare. Aumenta l’altezza e l’importanza della zona in cui si ricava, a fine percorso, una zona circolare per il pranzo ed un angolo con un caminetto, la zona maggiormente intima della casa.

 

Sono tutti segni di un fare progettuale ormai estraneo alle avventure grandi e piccole del mondo come ebbe a dire lo stesso Moretti; in questo progetto paiono scivolare tutte le tematiche allora presenti nel dibattito architettonico più avanzato per essere filtrate attraverso un linguaggio che lascia a se soltanto pochi eletti, poche persone in grado di poter comprendere tali significati.

 

“Tutta questa casa è come immersa in un’atmosfera di sogno. La superficie di tutte le pareti è scabra, come incrostata da secoli d’immersione in un mare strano e luminoso. Vibra in ogni suo punto e quasi e quasi trema nell’aria. […] Forse è una casa sommersa e affiorata, o forse ancora sommersa.” (lettera a Gio Ponti).

 

Sarà lo stesso Luigi Moretti a dare il nome de “La Saracena” al suo edificio. Come altre opere realizzate egli amava dare un nome alle sue creazioni (come la palazzina de “Il Girasole” etc.). Il motivo lo spiega egli stesso in modo inequivocabile, realizzando “una casa gelosa, saracena, degli affetti, dei pensieri, delle belle donne, per gli uomini scontenti ed irrequieti. Una casa come desiderio di altra vita. Con carattere ora chiuso ora introverso, ora aperto ad abbracciare l’intero mondo”.



Vista d’insieme dell’edificio. © Foto: Carlo Ragaglini


Completavano l’edificio una grotta realizzata nella porzione di spiaggia, chiusa da un cancello in ferro (oggi perduto) realizzato dall’artista americana Claire Falkenstein, connubio tra l’ambiente della casa disegnato e quello naturale della materia.

 

Nel corso degli anni a venire la Saracena verrà affiancata da altri due edifici legati ad essa a cui Moretti progetta: la Califfa e, in ultimo, la Moresca iniziata nel 1968 come residenza personale per lui stesso, purtroppo completata dopo la sua morte (avvenuta nel 1973) e con difformità rispetto a quanto progettato.

  


Vista della villa La Califfa, realizzata successivamente a fianco della Saracena. 
© Foto: Carlo Ragaglini

 

Abbandonata per molti anni, la villa era in condizioni molto precarie, recuperata nel corso di restauri eseguiti dall’architetto Paolo Verdeschi, dove sono stati ricostruite intere parti dell’edificio che erano andate perdute, questo grazie all’ausilio delle immagini d’epoca e ad una riprogettazione di intere parti andate distrutte, come la pensilina a sbalzo sulla facciata a mare, realizzata nuovamente in legno e cavi d’acciaio. Particolare attenzione si è posta per la realizzazione degli intonaci, opere sono state rifatte ex novo, come il cancello alla grotta a mare, realizzato dall’architetto Costanza Magli, in sostituzione dell’originale, oggi non più ripristinabile.

 

A seguito dei restauri, oggi la villa è tornata al suo antico splendore, sedi di eventi e di visite guidate, sempre sold out.



Vista dell’oculo della scala di collegamento ai piani delle camere da letto.
© Foto: Carlo Ragaglini 


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