Da sempre, o meglio, da quando mi sono laureato in architettura, mi viene chiesto quale sia l’edificio più bello al mondo, e da allora la risposta è sempre la stessa: Torre Velasca. Vi assicuro che gli sguardi stupiti, ora come allora, sono rimasti gli stessi. Leggo sempre negli occhi dell’altro una tacita domanda “Perché?”. E la risposta è semplice, perché è bella.
di Andrea Calatroni
Torre Velasca è l’opera più conosciuta dei BBPR e sin dalla sua edificazione (1956-58) è diventata un simbolo di Milano e della sua ripresa post-bellica, trasformandosi in icona architettonica e parte imprescindibile del panorama urbano. Dopo quasi due anni di cantiere questa estate sono stati smantellati parte dei teli e dei ponteggi che l’hanno coperta per consentire il delicato e complesso lavoro di restauro.
Torre Velasca prima del restauro in una foto prosettica, un elegante bianco e nero di © Marco Introini
Solo un architetto milanese, dalle profonde radici meneghine, poteva dedicarsi al restauro di uno dei maggiori landmark cittadini, al pari de La Rossa (Metro 1) e il Pirellone. Paolo Asti, titolare dello studio Asti Architetti e figlio del designer Sergio Asti, si è occupato del progetto di ristrutturazione e di rigenerazione della facciata nel rispetto dell’edificio originario. Importante è stata la collaborazione con lo studio CEAS per i lavori di risanamento delle facciate in coordinamento con la Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio di Milano. E con Hines che, in qualità di development manager e investitore del fondo HEVF Milan1 gestito da Prelios SGR S.p.A., ha coordinato tutti gli attori coinvolti e supportato l’opera durante ogni singola fase.
A fine settembre è terminato lo smontaggio de ponteggi su tutti i lati della Torre, mentre proseguono i lavori sugli interni e gli spazi comuni, sempre su progetto dello studio Asti, che si concluderanno nel 2023. Un intervento filologicamente attento a rispettare tutti i piccoli dettagli che caratterizzano l’edificio e la poetica dei BBPR, autori di un’architettura disegnata all’insegna della Gesamkunstwerk (opera d’arte totale). Dai corrimano alle lampade alle maniglie, oggetti di protodesign destinati a diventare essi stessi benchmark da cui prendere ispirazione.
“Ogni unità è diversa dalle altre, sia negli uffici, sia nelle residenze, sia nelle unità commerciali ai piani bassi, rispecchiando la varietà compositiva delle facciate” precisa Asti.
Foto aeree dello spoglio di teli e ponteggi nell’estate 2022 e il primo assaggio del redivivo rosa-grigio originario. Foto © Giacomo Albo
Dal completamento nel 1958, la Torre Velasca non era mai stata oggetto di opere di risanamento e riqualificazione. Nel 2016, forse anche grazie all’intevento d’illuminazione operato da Ingo Maurer, un fastistico total red, della Torre si è cominciato a riflettere in merito ad un restauro complessivo. Gli agenti atmosferici in oltre 60 anni di vita hanno profondamente deteriorato e ingrigito la facciata dell’edificio facendole perdere i colori originari, caratterizzati da tonalità cangianti in grado di variare a seconda della luce nelle diverse ore del giorno. Per decenni abbiamo visto, e considerato, la Torre in un poco attraente rosa-grigio sporco. Personalmente, l’ho sempre trovata affascinante, forse complici le lezioni di Ludovico Barbiano di Belgiojoso, mio docente di Composizione Architettonica 1 al Politecnico di Milano.
Al fine di restituire la tonalità autentica che dominava lo skyline milanese fin dagli anni ‘50, Paolo Asti, CEAS e Soprintendenza hanno condotto approfondite analisi materiche sull’intonaco, studi sul campo, ricerche storiche documentali e recuperato testimonianze per ripristinare tutti gli elementi che costituiscono la facciata. L’intonaco individuato è stato messo a punto da Mapei creando un legante ad hoc, che prende proprio il nome di Legante Velasca, in grado di restituire quel particolare, e unico, colore rosa-grigio pulito e cangiante.
La Torre svetta sulla città esaltandosi in uno stupefacente color rosso opera del maestro della luce Ingo Maurer. Foto © Tom Vack
Il lavoro di restauro delle facciate, tuttavia non è stato unicamente di natura estetica e architettonica, ma ha interessato anche il consolidamento strutturale. L’aggetto degli ultimi sei piani è la parte più delicata e suggestiva dell’intero edificio e andava preservata al meglio. Grazie alle sinergie messe in campo e al supporto dell’architetto Belgiojoso, che ha concesso l’accesso agli archivi originali dei progetti della torre, il restauro riporterà la Torre alla sua bellezza originaria. Quando passerete per Milano, o vi passeggerete sotto, forse mi darete ragione.