di Nicoletta Fascetti Leon
Quella delle costruzioni è una delle industrie che consuma più risorse e produce più rifiuti. Non c’è dubbio che debba cambiare. Lo dicono in molti ma nella pratica è uno dei settori più resistenti all’innovazione e meno attenti alla riduzione delle emissioni che alterano il clima. Secondo la Commissione europea, il settore delle costruzioni è responsabile da solo del 40% della domanda di energia primaria nell’Ue e del 36% delle emissioni di gas climalteranti. Ancora, il cemento, re indiscusso dell’edilizia, è responsabile di circa l’8% delle emissioni globali. Secondo le Nazione Unite, il consumo d’energia nel settore edilizio è oggi ai massimi storici. E per i prossimi decenni è prevista una crescita urbana sempre più intensa, con l’inevitabile costruzione di ulteriori nuovi edifici.
Per combattere davvero il cambiamento climatico è quindi fondamentale concentrarsi anche su architettura e urbanistica, progettando città attente alla riduzione delle emissioni, ma anche alle nuove necessità di chi le abita.
Per dimostrare che si può fare, passiamo in rassegna alcuni esempi, tutti europei, di edilizia verde e design circolare, che lasciano ben sperare.
SAWA, il progetto di costruzione abitativa in legno più alta dei Paesi Bassi, già vincitore di 8 premi internazionali. Foto © Mei architects and planners
Di recente la giornalista Leyla Boulton del Financial Times ha intervistato alcuni architetti olandesi impegnati con le loro start up nella costruzione di edifici “ecologici e sostenibili”, capaci di attrarre gli investitori. Uno di questi sorgerà nella città portuale di Rotterdam. Si chiama Sawa ed è una costruzione residenziale avveniristica in legno sostenibile (per ogni albero abbattuto per la sua costruzione ne saranno piantati quattro), alta 50 metri per 17 piani che, una volta completata alla fine del 2024, fornirà alloggi abbordabili per il ceto medio e, soprattutto, sarà “carbon negative”.
Facciata dell’edificio Matrix One, progettato dal MVRDV di Rotterdam, nei suoi 13.000 metri quadri ospita laboratori e uffici nel campus di Amsterdam. Foto © Daria Scagliola
Se questo per ora è solo un esempio sulla carta, l’Olanda può vantare un modello di edilizia “circolare” già a terra. Si tratta di Matrix One, una struttura capace di essere riconfigurata a piacimento, pensata come un deposito temporaneo di materiali, di cui è disponibile una copia digitale. Questo edificio, collocato nel polo di ricerca dell’Università di Amsterdam, ospita laboratori e start up che si occupano di sostenibilità. Ogni spazio della struttura è pensato per essere rimodulato a seconda del suo uso e il 90% dei materiali può essere riutilizzato.
Interni del Matrix One di Amsterdam, l’edificio che incorpora il pensiero sostenibile da ogni angolazione possibile: costruzioni smontabili, energia solare, illuminazione intelligente e parcheggi per biciclette. Foto © Daria Scagliola
Per restare nell’Europa del Nord, grazie ai fondi del programma europeo Horizon 2020, troviamo un altro interessante esempio nella città Roskilde. Qui un intero quartiere della città, a circa 30 chilometri da Copenaghen, è nato nel 2007 dalle ceneri di una vecchia fabbrica di cemento che, invece di essere demolita, è stata riutilizzata come base per nuove strutture. I progetti di costruzione del distretto di Musicon, infatti, hanno tenuto conto dei vecchi edifici della fabbrica, in parte ridisegnandoli in modi creativi per ospitare strutture abitative o uffici, in parte invece “demolendoli selettivamente”, ossia in modo da garantire il recupero e il riciclaggio di quante più risorse possibili. A Musicon le panchine sono fatte di lastre di cemento recuperate da un sito di demolizione nelle vicinanze, mentre lo skate-park è costruito con il cemento appartenuto ad un bacino per la raccolta dell’acqua piovana e, oltre ad essere uno spazio ludico, è anche un pluripremiato sistema di drenaggio urbano.
Accanto agli esperimenti stimolati dai finanziamenti europei, esistono molte altre iniziative portate avanti da start up giovani e innovative che cercano di fare la differenza. È il caso della francese Maison Tournesol, fondata da un gruppo di architetti, designer e artigiani francesi, per la realizzazione di progetti di edilizia pubblica e privata, caratterizzati dalla particolare attenzione al riutilizzo, ai materiali locali e all’architettura bioclimatica. Tournesol, oltre che uno studio di progettazione, è anche un brand di design per mobili che utilizzano esclusivamente materiali riciclati da rifiuti dell’industria edile di Tolosa.
Dettaglio dell’interno del progetto di rinnovazione ed estensione della cappella di Sainte-Cécile à Bambous-Virieux (Île Maurice). Foto © Maison Tournesol
Collezione d’arredo “Zéro” della Maison Tournesol realizzata con scarti industriali. Foto © Maison Tournesol
Gli esempi potrebbero continuare, ma di certo da soli non basteranno a cambiare le sorti di un intero settore. Solo politiche chiare di inversione di rotta convinceranno tutti che sì, costruire più sostenibile, si può fare.